Il Tiro a Segno con la Pistola (P10)

Ecco una descrizione di quello che è il tiro a segno con la pistola ad aria compressa; con insegnamenti presi dal libro divulgativo di Silvano Mignardi “Del tiro di pistola” edito dall’UITS.

L’impugnatura La forma anatomica dell’impugnatura serve per favorire la massima aderenza, quindi il più intimo contatto, della mano sulla superficie dell’impugnatura stessa. Tutte le forme concave e convesse nonchè i piani più o meno inclinati che si formano all’interno della mano parzialmente chiusa, debbono trovare riscontro e connessione con le curve convesse e concave e con i piani ricavati sull’impugnatura. L’aderenza anatomica dell’impugnatura alla mano, sarà perfetta e funzionale solo quando l’arma normalmente impugnata, cioè senza ostentato impegno muscolare, descriverà il rilevamento dovuto all’espansione del gas di proiezione e di rinculo su un perfetto piano verticale. Impugnando l’arma, quindi, indipendentemente dal fatto che questa abbia o non abbia una impugnatura anatomica, bisognerà procedere per gradi al controllo dei seguenti punti: – appoggio della parte alta posteriore del castello nella biforcazione tra il pollice e l’indice; – sensibilità tattile prevalente delle prime due falangi del medio e dell’anulare e di contro dell’articolazione dell’osso metacarpale con la prima falange del pollice, nonchè dell’aponeurosi dell’eminenza ipotenare del palmo della mano; – dito indice completamente libero di premere il grilletto, senza contribuire ad impugnare l’arma. Lo stesso indice deve contrastare il grilletto con la terza falange, quasi in prossimità dell’articolazione senza per altro impegnarla. La pistola, così impugnata, risulterà avere l’ideale linea di mira che passa sopra il polso, prosegue per 10/15 centimetri sull’avambraccio e guinge all’occhio che mira passando all’interno, cioè nella parte mediale dell’articolazione del gomito e quindi del braccio.

La posizione di tiro Assumere la “posizione” per fare del tiro a segno agonistico con pistola, significa cercare l’assetto di maggior equilibrio che consenta di eliminare, per quanto possibile, ogni oscillazione del corpo. Per ottenre ciò, ogni qualvolta si decide di sparare un colpo o una successione di colpi è necessario fare mente locale verificando i seguenti punti: a) Le gambe devono essere divaricate per aumentare la base di appoggio a terra; è consigliabile comunque che il raggio di apertura sia di un’ampiezza pari alla larghezza delle spalle, mai inferiore. La posizione dei piedi deve dare al corpo un’angolazione di circa 45° ripetto al piano frontale del bersaglio; perciì il piede corrispondente all’arto armato risulterà con la punta divaricata di 45° rispetto al piano frontale del bersaglio stesso. La disposizione dei piedi e del corpo può variare in considerazione della struttura fisica del tiratore (altezza, peso, lunghezza del collo,…), ma la variazione deve essere fatta in armonia col principio fondamentale di raggiungere un soddisfacente equilibrio fisico; b) Il peso del corpo deve essere distribuito in parti eguali sugli arti inferiori. Lo sbilanciamento provocato dal sollevamento dell’arto armato deve essere compensato da una leggera flessione del busto in senso contrario; c) Il capo deve essere rivolto naturalmente, non forzatamente verso il bersaglio e il mento lievemente accostato alla spalla, ma non a contatto; d) Il busto deve essere appoggiato sul bacino, quindi i muscoli posturali (della posizione eretta) si devono trovare in una condizione di tono inferiore alla norma; l’addome risulterà, quindi, leggermente pronunciato in fuori; e) L’arto superiore non impegnato nel tiro, va tenuto aderente al corpo, muscoli suoi propri e muscoli della spalla rilassati, gomito flesso e con la mano appoggiata mediante il pollice alla cintura dei pantaloni in prossimità del centro dell’addome. Se la posizione assunta è valida il sistema tacca-mirino manterrà le corrette caratteristiche di puntamento durante tutto lo spostamento di va e vieni compiuto sull’asse verticale del centro del bersaglio.Se, invece, risultasse necessario spostare il sistema tacca-mirino si procederà nel modo seguente: 1. Per correggere errori di puntamento sul piano orizzontale del bersaglio bisogna effettuare piccoli spostamenti con entrambi i piedi, mantenendo la stessa posizione di equilibrio del corpo e dell’arto armato; cioè bisogna spostare l’intero sistema gambe, bacino, busto e testa facendo perno sul baricentro; 2. Per spostare il “sistema” a sinistra del centro del bersaglio bisognerà spostare verso sinistra il piede corrispondente all’arto armato e verso destra l’altro piede avendo cura che l’arco descritto da entrambi sia di uguale dimensione; 3. Per spostare il “sistema” a destra del centro del bersaglio si procederà in modo opposto; 4. Per correggere errori di punteria sul piano verticale del bersaglio si dovrà allargare il compasso delle gambe divaricate per abbassare il sistema tacca-mirino rispetto al centro del bersaglio; si stringerà il compasso per ottenere l’effetto opposto. Spesso per piccoli spostamenti è sufficiente variare l’angolazione della punta dei piedi rispetto al piano frontale del bersaglio per ottenere la lieve correzione voluta.

Congegni di puntamento e di scatto Nelle pistole, i congegni di puntamento debbono essere per regolamento limitati a tacca di mira e mirino. Sono proibite quindi diottrie, tunnel, mirini ad anello e a canocchiale, nonchè ogni altro accessorio applicato all’arma che costituisca congeno ottico formato da lenti correttive. Il corretto puntamento si ha quando: – lo spigolo superiore del mirino viene visto in allineamento con le due costole superiori della tacca di mira; – il mirino, contenuto nella tacca di mira, dà luogo a due luci laterali equidistanti. La tacca di mira è sempre fornita di regolazioni micrometriche in elevazione e in direzione. Il mirino, posto all’estremità della canna, ha forma trapezoidale (con la base maggiore rivolta versso la tacca di mira) a spigoli vivi per consentire una visione nitida dei contorni. Non va trascurata poi l’importanza di una brunitura uniforme, onde evitare deleteri riflessi di luce. La dimensione dell’apertura della tacca di mira (con l’arma in pugno) dovrà essere tale da permettere l’inquadratura del mirino lasciando le luci laterali appena sufficienti a poterne controllare i movimenti. La larghezza del mirino in proiezione è leggermente inferiore al diametro del disco nero del bersaglio e la tacca di mira leggermente superiore allo stesso diametro. L’occhio umano si comporta come l’obiettivo di una fotocamera e non è, quindi, in grado di mettere a fuoco tre oggetti posti a tre distanze diverse: la tacca di mira a circa 60 cm dall’occhio, il mirino a circa 80 cm ed il bersaglio a 10 metri. L’occhio può focalizzare un solo punto e tutto ciò che viene a trovarsi nella relativa profondità di campo. È irrazionale, perciò, mettere a fuoco il bersaglio, perché il valore dell’angolo di errore che può verificarsi tra l’occhio e i congegni di mira verrebbe a moltiplicarsi per la grande distanza del bersaglio. Una visione corretta dovrà, quindi, focalizzare perfettamente il mirino, scorgere la tacca di mira sufficientemente nitida, perché vista nell’ambito della profondità di campo, ed il bersaglio su di un diverso piano focale, quindi offuscato.

Lo scatto L’azione di pressione esercitata sul grilletto per ottenere la partenza del colpo prende il nome di azione di scatto. Questa è la fase cruciale che conclude tutta la precedente preparazione. La pressione del dito non deve alterare il sitema di tacca di mira-mirino-zona di puntamento sul bersaglio. La fase di scatto si compie in parziale apnea espiratoria: – in apnea perché i movimenti ritmici di dilatazione del torace dovuti alla respirazione non devono avere riflessi sulla spalla e sul braccio armato e cioè non devono pregiudicare la posizione ferma necessaria alla precisione del colpo; – parziale espiratoria perché, avendo i muscoli inspiratori rilassati, si ottiene quella condizione di migliore ossigenazione che può essere protratta per 10/12 secondi senza incorrere in fenomeni nervosi e visivi dovuti a scarsa alimentazione dei ossigeno alle cellule. Partendo dalla base d’appoggio si solleva il braccio teso inspirando; si supera il bersaglio in altezza, si espira un po’ e, arrivati sul bersaglio, si blocca l’espirazione e si prende la mira Il grilletto va premuto col dito indice esercitando un’azione di trazione su una linea parallela al prolungamento dell’asse della canna. Per ottenere ciò è consigliabile contrastare il grilletto con la parte interna della piccola falange, quasi a contatto con l’articolazione della media falange. La corsa del grilletto è formata da due parti ben distinte: all’inizio il grilletto oppone poca resistenza e percorre molto spazio (mezzo centimetro); questa è detta “prima corsa” o “primo tempo”; subito dopo aumenta la resistenza (il peso deve essere maggiore di 500 grammi, nel caso della P10) e nello spazio di meno di un millimetro parte il colpo; questa è la “seconda corsa” (secondo tempo). Per scattare si esercita una pressione decisa sul primo tempo del grilletto (questa pressione si effettua durante la breve espirazione che si fa dopo il sollevamento dell’arma), poi una breve sosta prima del secondo tempo atta a consentire il perfezionamento della punteria e quindi la continuazione in modo progressivo dell’azione di pressione sino alla partenza del colpo. L’azione completa deve essere controllata e decisa: ogni esitazione in qualsiasi fase dell’azione di scatto altera il ritmo e il tempo in cui il movimento deve concludersi, generando partenze “fuori tempo” del colpo stesso. Timori, indecisioni o perdite di tempo determinate da posizione sbagliata o da difficoltà a rimanere nella corretta punteria, influenzano negativamente l’azione di scatto, modificandone l’unità di tempo e l’esecuzione perfetta delle sue fasi, impedendo quindi di averne il pieno controllo. In questi casi, appena viene avvertita l’alterazione, è necessario sospendere l’intera azione, per poi riprenderla da capo dopo un’opportuna pausa. È chiaro, a questo punto, che un’abile azione di scatto è la risultanza di una perfetta coordinazione neuro-muscolare che si può scomporre ed analizzare nel modo seguente: la sensibilità tattile pressoria del dito indice sul grilletto e la visione della linea di mira proiettata sul bersaglio sono gli stimoli periferici che, attraverso i nervi recettori, giungono alla corteccia cerebrale. Da questa, parte l’impulso nervoso volontario che attraverso il midollo spinale giunge al nervo motore che stimola a sua volta il muscolo flessore del dito indice. Per migliorare questa sensibilità e ridurre il tempo di reazione del muscolo flessore è necessario l’allenamento, cioè l’abitudine a compiere l’azione corretta fino a renderla un riflesso condizionato. Molto consigliabile è iniziare con lunghi periodi di scatti “in bianco”, cioè senza la partenza del colpo. La pratica “in bianco” metterà in miglior evidenza gli errori da correggere; solo in un secondo tempo si passerà all’esercizio a fuoco intervallandolo sempre con colpi in bianco. Lo scatto, è bene ripeterlo, costituisce la fase più delicata e più difficile del tiro a segno; la maggiore percentuale di errori deriva da esso ed è indispensabile perciò che la maggior percentuale del tempo di allenamento sia ad esso dedicata: educazione muscolare e nervosa sono le qualità da sublimare.

Puntamento respirazione e scatto Tutte le azioni compiute per la preparazione allo scatto devono essere le più efficaci, le più razionali, ma soprattutto sempre le stesse. L’insieme dei gesti e degli atti respiratori che il tiratore compie per andare in punteria e far partire il colpo, devono costituire un rituale da compiere con raffinato e religioso metodo. Impugnata la pistola e assunto in ottimo equilibrio la posizione rispetto al bersaglio, si solleva l’arto armato teso fino ad oltrepassare con il mirino dell’arma il disco nero del bersaglio. Nel fare ciò è indispensabile non articolare il polso e il gomito, ma solo l’omero sulla scapola. Il gesto di sollevamento dell’arto armato deve essere accompagnato da un atto inspiratorio; seguirà poi una parziale espirazione eseguita contemporaneamente alla discesa del braccio nella “zona” di punteria sul bersaglio. Durante quest’ultima fase (espirazione e discesa nella zona di punteria) è necessario anche provvedere ad eseguire la pressione sul primo tempo del grilletto. Giunti a questo punto della fase preparatoria inizia l’apnea, cioè la pausa respiratoria durante la quale dovrà partire il colpo. Il tiratore prosegue quindi l’impegno psicofisico per concludere il rituale di azioni, con le fasi più importanti e determinanti per il risultato tecnico: il perfezionamento della punteria (focalizzazione del mirino) e la pressione sul secondo tempo del grilletto. È importante che questi due elementi del tiro vengano effettuati contemporaneamente perché, solo integrandosi e fondendosi, possono risultare efficaci. Cercando prima la visione perfetta del mirino per iniziare poi la pressione sul secondo tempo dello scatto, si crea una situazione di instabilità in cui la posizione ferma viene sistematicamente alterata dall’azione di pressione sul grilletto. Si avverte, quindi, la necessità di sospendere l’azione di scatto, di spostare di nuovo l’attenzione sul mirino per riportarlo in visione perfetta per riprendere poi a premere il grilletto. Questo modo di procedere può protrarsi per diversi cicli, rendendo faticosa, poco redditizia e assolutamente irrazionale la condotta di gara. Perché l’azione di punteria/scatto possa avvenire nelle migliori condizioni fisiologiche, il tiratore dovrebbe compierla in una unità di tempo non superiore agli 8-10 secondi dall’inizio dell’apnea. Mentre il tiratore perfeziona la visualizzazione dei congegni di mira, lasciando che tacca e mirino si muovano entro la “zona” di punteria, l’indice agisce gradualmente sul secondo tempo di scatto finché non parte il colpo: lo sparo sorprende il tiratore in un momento qualsiasi dello spazio di tempo favorevole (da 5 a 8 secondi). Questa tecnica è detta del fuoco “inconscio”. Premendo il grilletto quando si è certi di essere in punteria perfetta ed in posizione ferma, si determina un tiro “conscio” soggetto inesorabilmente ad azioni di “strappo”. Con la tecnica del tiro inconscio il tiratore può concentrarsi esclusivamente sulla esecuzione tecnica della fase “punteria e fuoco” e coordinare nel modo migliore la forza statica (punteria) con quella dinamica (pressione sul grilletto). Quando si inizia la punteria, vi sono delle oscillazioni determinate dal braccio e dal tronco che vanno diminuendo, si fermano per un breve istante e poi ricominciano aumentando. Non si deve iniziare la pressione sul grilletto nella fase di stasi delle oscillazioni, perché sicuramente l’azione diviene di tiro conscio. Il tiro inconscio è bene che cominci non prima di tre secondi dall’inizio dell’apnea e si concluda nella fase di diminuzione delle oscillazioni (tra i 3 e i 6 secondi). L’utilizzazione della pausa respiratoria, suddivisa per azioni da compiere, risulta specificata nel seguente diagramma: Decidere di attendere la fase statica per iniziare la pressione sul secondo tempo dello scatto è un atto volitivo che riduce al minimo la reale possibilità di effettuare un tiro inconscio. Abbassare l’arma rinunciando a far partire un colpo è segno di forza interiore; è assolutamente sbagliato forzare o esitare nella esecuzione dell’azione di scatto.

Condotta di gara e valutazione ambientale La pistola, cioè l’attrezzo con cui si effettua il tiro a segno, è un congegno delicato, realizzato con una meccanica di precisione e per rimanere funzionante ha bisogno di una assidua manutenzione e pulizia. Il tiratore deve munirsi di tutti gli utensili necessari. Canocchiale, occhiali da tiro, scarpe con plantare a suola piatta sono anch’essi oggetti di equipaggiamento necessari. È inoltre consigliabile usare in gara un abbigliamento che mantenga invariato il calore del corpo: diminuzioni della temperatura corporea provocano nei muscoli un aumento di tono tale da provocare contrazioni involontarie che pregiudicano il controllo dello scatto e rendono ardua la punteria. Viaggi e trasferimenti ai poligoni di gara devono avvenire con un congruo numero di ore di anticipo sull’inizio della competizione, ed effettuati con mezzi che non impegnino psicologicamente in modo intenso il soggetto: un viaggio affrettato alla guida di un’automobile consentirà di arrivare in tempo utile per l’inizio della gara ma ridurrà notevolmente la resa qualitativa delle risorse psicofisiche del tiratore. Il tiratore deve studiare il tempo di svuotamento del proprio stomaco e regolare l’alimentazione del giorno di gara tenendo conto che la condizione fisiologica migliore è quella in cui l’apparato digerente svolge minore attività: è quindi sconsigliabile affrontare una gara con lo stomaco che si contrae per sapsmi di fame, oppure in fase di motilità per svuotamento. A titolo indicativo si ricorda che il ciclo digestivo si completa dopo 3-5 ore dal pasto e che, mentre gli amidacei sono i cibi che lasciano più rapidamente lo stomaco, la carne lo lasci piuttosto lentamente e i cibi grassi più lentamente di tutti. Il riposo nella notte che precede la gara è spesso disturbato dalla tensione nervosa che il pensiero di questa genera: nessun timore, alcune ore in meno di sonno non pregiudicano affatto la qualità psicofisica necessaria per affrontare nel miglior modo la gara del giorno dopo. Cercare distrazioni per non pensare alla competizione è un errore; bisogna pensare ad essa col proposito di realizzare un buon risultato tecnico, confortati dalla consapevolezza della giusta preparazione tecnica e fisica fatta in previsione di quell’impegno agonistico. È indispensabile levarsi dal letto almeno due ore prima della gara ed eseguire pochi e leggeri esercizi fisici per sciogliere completamente i muscoli ed i nervi dal torpore del riposo notturno. È opportuno giungere in pedana di tiro con tempo sufficiente per non doversi affrettare nei preparativi preliminari alla gara, ma nemmeno con tanto anticipo da permettere che l’attesa logori i nervi. I gesti e le frasi di disappunto conseguenti ad un colpo o ad una serie andata male, non migliorano certo il risultato, bensì alterano l’equilibrio nervoso e rompono la concentrazione (anche altrui!). Le condizioni climatiche e di luce influenzano molto il tiro a segno. Il tiratore non si scoraggi per l’inclemenza del tempo, anche gli altri concorrenti ne subiscono gli effetti perciì restano invariati i valori agonistici. Ad ogni buon fine ricordi: – la luce scarsa costringe a “vedere” più mirino, quindi le rosate si spostano in alto; – il vento non è mai costante, per far pertire il colpo sfruttare per quanto possibile la pausa tra una folata e l’altra; – la luce del sole proveniente da destra attenua la visione dello spigolo sinistro del mirino, spostando a sinistra le rosate; effetto opposto si otterrà con luce da sinistra.